AMORE LIQUIDO
(Peregrinazioni intorno a San Valentino, con largo anticipo così uno s’organizza)

 

Mi sveglio prestissimo, essendo andato a letto, per motivi quasi lavorativi, alle tre.

Di malavoglia, apro gli occhi alle sette, e mi butto sotto la doccia.

Visto che ci sono, rassetto il bagno, passo l’aspirapolvere in casa, metto le camicie in lavatrice.

Alle nove e un quarto dovrebbe passare la tipa dell’agenzia per mostrare casa al prossimo inquilino.

Non mi piace essere disturbato la mattina, ma è l’unico modo possibile.

Alle 9.40 mi chiamano, scusandosi, che l’appuntamento era stato annullato.

Vado al Mercantile a fare colazione. In realtà ho fatto tutte le operazioni in trance. Il mio cervello si sveglia dopo il mio corpo e prima del fegato.

Poi il fegato, generalmente, esce con una scusa e tenta di espatriare, ma queste sono altre storie.

Nel locale entra prima di me una donna visibilmente caruccia, la seguo con lo sguardo.

Attacca un cappuccino.

E una tiritera:

“Quanto non sopporto quelli che si alzano alle dieci del mattino!!!”

Non ce la faccio. Rispondo.

“Signora, mi scusi, io sono uno di quelli. Mi vuole forse sparare?”

“No, ma sicuramente avrà le sue buone ragioni…”

“Può darsi. Ho finito di lavorare alle tre”.

“Va bene, ma uno che finisce alle dieci?”

(Uno che finisce di lavorare alle dieci, secondo me è poco meno meritevole di uno che finisce alle tre… supponendo che finendo alle 22 abbia cominciato alle 13, o alle 14, se fa un turno… oppure, insomma, credo se la possa prendere comoda…)

“Signora, mi perdoni se mi intrometto… ecco… credo che lei si stia riferendo al suo compagno/marito… la prego, accetti questa cioccolata da parte mia per addolcirsi la mattinata… e, mi perdoni… gli uomini oggigiorno sono rarissimi: si tenga stretto il suo compagno, lo metta su un piedistallo, lo veneri in quanto uomo “normale” e lo perdoni almeno oggi, che è San Valentino…”

“Ma lei parla proprio come Antonio… ma vi siete messi d’accordo?”

Sorridiamo tutti. Lei va via.

Mi spiega Valentina da dietro il bancone…


“No, guarda, è arrabbiata perché non ha trovato in vetrina un regalo che avrebbe voluto… in realtà il marito è venuto qui alle otto meno un quarto, che neanche avevamo aperto… ha comprato il tutto e glielo farà trovare quando tornerà a casa…”

Mi imbatto in “Amore Liquido”, un articolo terrificante sulla Gazzetta del Mezzogiorno, lontanamente ispirato dall’omonimo saggio di Bauman, sulla precarietà dei rapporti, sul passaggio dall’amore solido, fatto di contatto e presenza, a quello liquido, fatto di connessioni, di sfioramenti. L’amore ai tempi delle chat, insomma.

Il giornalista non è che non abbia capito il senso… ma è avvelenato contro l’amore… e non ha capacità di scrittura. Quelli che passano da copiare il compito al liceo alla Gazzetta.

Una zappa in mano, ripeto mentalmente.

Io, personalmente, credo nell’amore. E nella sua celebrazione, sempre, in ogni modo.

Credo nell’innamoramento, nell’essere compagni e complici.

Credo nell’essere amici, e amanti al tempo stesso.

 

E nell’essere soli.

Perché è una necessità interna.

Credo in tutti questi stati dell’essere, perché sono tutti autentici, e necessari.

Credo che esista la capacità di sentirsi, e di guardarsi vivere, un attimo, da fuori, per apprezzarsi di più.

Non credo nelle tristi generalizzazioni. Nelle facili generalizzazioni.

Io non sono cinico, ma nemmeno desideroso di false aspettative.

Credo che l’isteria non serva, e che ogni atto non abbia quel senso di catastrofico.

Del resto, sulla terra, gli unici a festeggiare San Valentino siamo solo noi umani.

Gli altri, guardandoci, sghignazzano.

Un pasticciotto con la crema e un espressino con la cannella, grazie.

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